Eran trecento, eran giovani e forti…e sono morti…(annegati)

Due mesi. Due mesi e qualche giorno di assenza da questo blog: non riuscivo più a scrivere. Lo stato d’animo condizionato da vicende personali di cui non vorrei parlare; la mia estate passata prevalentemente a coltivare l’hobby della sopravvivenza. Poi ecco l’argomento monstre, in grado di smuovere anche la più gretta delle coscienze: il naufragio, in prossimità di Lampedusa, di una moltitudine di migranti, oltre 300 (trecento), morti annegati dopo l’ennesimo viaggio della speranza. Non il solito naufragio, ma IL NAUFRAGIO, un autentica strage di uomini, donne e bambini. Disperati alla ricerca di uno spiraglio di vita decente. Un solo fatto, per rendere idea della portata del dramma: a Lampedusa, ad un certo punto, sono mancate le bare. Che tragica tragedia. Prima parlavo di coscienze, di accadimento capace di provocarne sommovimento. Opps, forse mi sbagliavo, almeno a giudicare dal tenore di certi commenti leggibili su Facebook, impermeabili anche alla naturale ondata emotiva, tipica della immediatezza di un fatto eclatante. Senza considerare quelli più truci, xenofobi e volgari, vorrei prendere in esame il commento di Simonetta, una delle mie amiche di social: ieri sera si è indignata con quanti si stavano commuovendo per quelle morti multiple perché, a suo dire, questi, dimenticandosi di altre morti quali quelle dei civili siriani in guerra, avrebbero dimostrato ipocrisia, distinguendo tra morte e morte. Odio le generalizzazioni, mi irrita leggere o ascoltare persone generalizzare, buttando tutto in un unico pentolone di brodaglia indistinguibile. I giudizi sommari e il far di tutta un’erba un fascio, mi hanno sempre infastidito. L’educazione ricevuta mi ha sovente spinto a cercare di capire, distinguendo per situazione e caso. Per questo, se alla generalizzazione si abbina anche l’emotivitá data dal dramma, ecco che ad affermazione consegue una replica che normalmente redigo dello stesso tenore. Quindi a Simonetta ho replicato duramente chiedondole di non dimenticarsi di distinguere. Risultato? Commento cancellato e nessuna risposta. Peccato, si poteva discutere e magari mostrare intelligenza. Ma forse a lei è risultato più comodo cancellare. Molto deprimente il tutto, ma non voglio soffermarmi su questo punto. Intanto vorrei capire: davvero siamo tutti ipocriti, ostentando una commozione di facciata, senza poi fare null’altro e senza agire? Davvero siamo tutti così? Non lo credo: ad esempio, quei lampedusani che hanno messo a disposizione le proprie case e risorse per accogliere coloro che hanno avuto la fortuna di riuscire a sbarcare sulla costa, non hanno agito? E che dire di tutte quelle associazioni di volontariato che si sono rese disponibili per la prima assistenza e per il soccorso? Oppure di tutti coloro che, rappresentanti delle forze dell’ordine, medici e paramedici, si sono trovati nella zona degli sbarchi, prestando la loro opera anche ben oltre il proprio ruolo professionale, anche loro sono ipocriti e indifferenti? In certi casi si é avuta opera, con catene di solidarietà, da parte di turisti che stavano vivendo il loro momento di vacanza. Ipocriti anche loro? Certo, quando accadimenti come quello di ieri, si materializzano, sussistono responsabilità pesanti: ma oggi non è ancora il momento di trovare colpevoli. A dramma ancora in corso, dovremmo tutti essere capaci di fermarci e di esprimere dolore, vicinanza e partecipazione. Da domani la ricerca delle responsabilità, e, volendo il destino, anche l’agire virtuoso per far si che simili disastri non abbiano a che ripetersi. Altrimenti, sarebbe solo una esposizione di inutili parole…

2 risposte a "Eran trecento, eran giovani e forti…e sono morti…(annegati)"

  1. A parte il fatto che l’hobby della sopravvivenza è una di quelle cose sottovalutate da sempre ma che si potrebbe seguire, molte fasi della vita si superano proprio così. Per il resto purtroppo l’argomento è molto, troppo delicato e come al solito sul web impazzano commenti pro e contro. Io come al solito son per la giusta misura, senza eccessi dall’una e dall’altra parte. Davanti alla morte tutto si ferma e con o senza emotività bisognerebbe riflettere su come è diventato il mondo e come lo diventerà. Non parlo di leggi, di giustizia o ingiustizia in tutto quello che concerne il tema immigrazione, questa è roba da opinionisti….si dovrebbe prima di tutto partire dall’umanità. Anche io son rimasta profondamente colpita dai commenti nei diversi trafiletti, e sicuramente è molto facile parlare e sparlare da città dove queste cose non si verificano. C’è chi parla di rigore, chi di chiusura totale e poi ci sono le eccezioni, quelle che scattano e si mettono a disposizione non appena c’è una qualche emergenza, a prescindere da stupidi luoghi comuni Sud/Nord….noi italiani, per forza di cose, per fortuna e PURTROPPO, siamo diventati un popolo di pecore vestiti da lupi a convenienza.

  2. Ciao Paolo, la Morte è una sola.
    Non facciamo distinzioni tra morte e morte, che sia qui, sulle nostre coste o lontano mille Km
    E il mio pianto non fa il tifo per questa, quella o altra morte
    Piango e basta
    Un abbraccio
    Gina

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